Una valigetta poco più voluminosa della classica 24 ore, ma comunque di dimensioni idonee al trasporto in aereo come bagaglio a mano, di plastica rigida e dal peso di circa 11 kg. Una volta aperte le serrature e si divide in due ecco la meraviglia: nella parte inferiore, con un layout orizzontale, c’è un monitor integrato, schiacciato tra due lettori floppy che ha una dimensione di soli 5 pollici ed è capace di visualizzare 52 colonne di testo; la parte superiore della valigetta – cioè il coperchio – dopo averla opportunamente ruotata si presenta come la tastiera. Un computer dentro una valigia. Si chiama Osborne 1 ed è il primo computer portatile della storia, sicuramente un po’ azzardato definirlo notebook, ma completo di porta parallela per la stampante, porta per il modem e un monitor opzionale: costa, nell’ottobre del 1981, mese in cui è stato commercializzato in Italia, 3 milioni e mezzo di lire (Iva esclusa).
La macchina riscuote un immediato successo, non certamente per il costo (proibitivo per i più) quanto per la sua compattezza (sì, proprio per quella) e per i quattro programmi offerti in dotazione: un foglio elettronico, un editor di testo oltre ai linguaggi di programmazione MBasic di Microsoft e CBasic di Digital Research. A produrlo è Adam Osborne, fondatore dell’Osborne Computer Corporation, azienda la cui ascesa e declino sono diventati l’emblema del caos primordiale della Silicon Valley nei primi anni Ottanta. Malgrado alcuni difetti produttivi (sono richiamati di oltre 100 mila computer) l’azienda va a gonfie vele, tanto che a meno di un anno dal lancio si prevedono vendite per oltre 250 milioni di dollari. Pochi mesi dopo, però, arriva la concorrenza: Kaypro II che, ad un prezzo più basso dell’Osborne 1, offre le stesse cose e un display da 9 pollici. Adam Osborne corre ai ripari e lancia l’Executive, più caro del Kaypro e col monitor ancora piccolo, soli 7 pollici. Osborne, fidandosi troppo della possibile fidelizzazione verso il suo brand,n crede di poter imporre alla clientela un prodotto inferiore a un prezzo superiore rispetto a quello della concorrenza, il Kypro II, appunto. Ma così non è stato: i magazzini sono ancora pieni di Osborne 1 e gli ordini dell’Executive che non decollano. All’OCC cominciano così i licenziamenti che precedono la bancarotta, dichiarata nel settembre del 1983 a fronte di una situazione finanziaria insostenibile: a poco più di due anni dalla nascita, l’OCC chiude i battenti, avendo alle spalle una crescita senza precedenti e un declino altrettanto fulmineo. La classica onda anomala della Silicon Valley.
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