Un successo scandaloso

New York, inverno 1971; Maurizio Vitale, proprietario del Maglificio Calzificio di Torino, entra nell’albergo dove alloggia Oliviero Toscani e, con sguardo di chi non crede ancora a ciò che gli è capitato, annuncia con entusiasmo: «La Robe di Kappa ha accettato di produrre i nostri jeans! Ora dobbiamo cercare un nome. Come li chiamiamo?».

In quel momento a New York trionfa il musical Jesus Christ Superstar, che nel 1973 sarà portato sul grande schermo da Norman Jewison. «Jesus – esclama Toscani – li chiamiamo Jesus Jeans». Questa è la genesi del primo marchio italiano di jeans. Per lanciarlo Toscani e il pubblicitario Emanuele Pirella, coniano un mix geniale, di sicuro impatto, abbinando immagini e slogan quanto mai contrastanti eppure in linea con il nome del brand che si propone di lanciare.

Vengono prodotti due manifesti, il primo con la frase “non avrai altro jeans all’infuori di me”, a commento di un’immagine raffigurante un personaggio dal sesso dubbio a petto nudo e con i jeans sbottonati; il secondo con la frase “chi mi ama, mi segua”, stampata su un fondoschiena femminile (che, per la cronaca, è quello di Donna Jordan, modella di Andy Warhol e all’epoca fidanzata con Toscani) rivestito di un paio di succinti hot pants. L’impatto delle affissioni con tale combinazione di testo e immagine è notevole, tanto da suscitare polemiche da parte della Magistratura, la politica, la cultura e – ovviamente – la Chiesa, una vera e propria rivolta contro o a favore dei Jesus Jeans tra vescovi ed intellettuali che presero carta e penna per commentare i manifesti, tra questi anche Pier Paolo Pasolini che, il 17 maggio del 1973, sul Corriere della Sera pubblica un commento intitolato Il folle slogan dei jeans Jesus (ripubblicato su Scritti corsari col titolo Analisi linguistica di uno slogan).

Per parecchio tempo i mass media si occupano dei Jesus facendoli diventare un simbolo di trasgressione, una sorta di bandiera dei giovani che, in quel tempo, sono impazienti di rompere gli schemi, e rendendoli uno dei capi cult degli anni Settanta.

Nel1979 Vitale annuncia l’accordo da 100 milioni di dollari per la produzione dei Jesus in Urss e in conferenza stampa dichiara: «La Fiat è andata in Unione Sovietica a portare le automobili, noi andiamo a portare i jeans». Sia pure non paragonabile in termini quantitativi, l’effetto fu più o meno quello che a metà degli anni Sessanta aveva prodotto l’arrivo della Fiat a Togliattigrad.

Maurizio Vitale muore nel 1987 a 42 anni e, pochi anni dopo, cessa la produzione dei Jesus Jeans. Oggi, grazie all’imprenditore Marco Boglione, il marchio è… risorto.

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