Tutti per Demetrio

ademetrioA Demetrio Stratos, cantante degli Area, viene riscontrata un’ aplasia midollare, una rara forma di leucemia, nell’aprile del 1979 e, per essere curato, si trasferisce subito negli Stati Uniti, al Memorial Hospital di New York, all’epoca l’unico ospedale in grado di affrontare la malattia. Le speranze di vita sono legate a un filo e, per le cure, occorrono parecchi soldi. Gianni Sassi e tutto l’ambiente della Cramps si muovono: viene l’idea di raccogliendo fondi che servono alla cura attraverso un concerto, da tenere all’Arena Civica di Milano. Nel giro di pochi giorni si susseguono le adesioni, viene redatto un cartellone di nomi davvero imponente: tutta la musica italiana che conta è a disposizione. C’è molta attesa, e tutti i media dedicano ampio spazio all’avvenimento fissato per il 14 giugno 1979. Non si arriva in tempo: Demetrio Stratos muore a 34 anni in un ospedale di New York in attesa del trapianto del midollo. Il concerto si tiene ugualmente e si trasforma in un tributo in suo onore, da parte di 60mila persone e dei colleghi che lo ammiravano. Sfilano sul palco Guccini, il Banco, Bennato, Vecchioni, Finardi, Venditti, Branduardi fino agli Area che, orfani di Stratos, si limitano a suonare “L’Internazionale” chiudendo il concerto. Molti degli artisti vennero aggiunti all’ultimo momento al programma del concerto, e la sensazione prevalente che emerge sia dal doppio album, pubblicato pochi mesi dopo dalla Cramps che raccoglie alcune esibizioni, che dalle registrazioni televisive mandate in onda all’epoca è quella di un happening totalmente improvvisato.


1 Commento

  1. “Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia, che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita. Con il suono delle dita si combatte una battaglia, che ci porta sulle strade della gente che sa amare”. Nel 1975, gli Area di Demetrio Stratos, con l’orecchiabile Gioia e rivoluzione, fotografavano così un pezzo d’Italia reale, tra creatività giovanile, sogni di ribellione a volte contigui a improbabili rivolte di popolo, e illusioni di cambiamento. Stratos “the voice”, nel frattempo, veniva invitato a destra e a manca in tutti i Conservatori d’Europa per spiegare agli allievi di canto il proprio tesoro vocale. Non se ne capacitava: pensava che per poter parlare a quegli studenti ci volesse una preparazione accademica che lui affermava di non possedere. Parigi s’innamorò di Stratos, replicando per l’ennesima volta l’attrazione francese per i geni italici prima e più di noi (da Coppi a Rossellini, passando per Modigliani, tanto per fare qualche esempio). Lui fece il giro dei centri elettronici più a la page, finendo per diventare la cavia di se stesso, “provandosi” in ogni forma possibile di utilizzo vocale. Studiò il canto dei Paesi orientali, riuscendo nell’impresa di eseguire diplofonie, trifonie e quadrifonie, cioè addirittura quattro suoni contemporaneamente, dimostrando che “la voce è uno strumento, come il pianoforte”. Nel Centro di studio per le ricerche di fonetica del Cnr dell’Università di Padova raggiunse i 6.000 hertz quando un soprano può arrivare al massimo a 1.046. Uno scherzo della natura? No, perché era convinto che chiunque potesse, con l’allenamento quotidiano, usare la voce in quel modo. Piuttosto, un genio scarsamente compreso, se non post mortem, e di cui andare fieri, magari canticchiando, mentre si è sotto la doccia, “il mio mitra è un contrabbasso”.

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