Tre ruote alla conquista del mondo

Tre ruote per entrare nella storia. Tre ruote che, vestite da una carrozzeria inconfondibile, da sessant’anni circolano sulle nostre strade. Sono le tre ruote dell’Ape, un mezzo particolarissimo, che ha attraversato la storia del nostro Paese dal dopoguerra ad oggi, nata dalla genialità di un progettista aeronautico, Corradino d’Ascanio, e dalla lungimiranza di Enrico Piaggio oltre mezzo secolo fa che, dopo il successo della Vespa, vuole dedicarsi anche al trasporto leggero. Commercianti e artigiani sono i primi a innamorarsi dell’Ape e così, in poco tempo, ecco scorrazzare per città e campagne sciami di questi veicoli che portano i nomi delle ditte sul cassone. Le prime due serie erano quasi una Vespa con attaccato un rimorchio, tanto che in alcuni mercati è pubblicizzata come VespaCar o TriVespa. Per motivi di spazio ma anche per semplificare e ottimizzare il sistema di trasmissione alle ruote posteriori, il motore – lo stesso della Vespa, ma montato al contrario – si trova sotto la sella, un due tempi di 125 cc abbinato ad un cambio azionato “a bacchetta” a 4 marce e senza retromarcia. I 4 onesti cavalli di potenza permettono di raggiungere la velocità di circa 45 km/h per una portata massima di 200 kg. Con un litro di miscela l’Ape percorre a pieno carico ben 35-40 chilometri. L’impianto frenante composto da freno a mano che agisce sul differenziale, freni idraulici a tamburo sulle ruote posteriori azionato a pedale, mentre sulla ruota anteriore rimane lo stesso freno con tirante in acciaio e leva al manubrio, presente sulla forca della Vespa. Veduta inizialmente con cassone aperto in legno, questa prima Ape è possibile coprirla con un telo e montare una protezione per chi guida. L’Ape, insieme alla Vespa, diventa un simbolo italiano nel mondo grazie soprattutto alla versione “Calessino”, sorta di risciò motorizzato che conquista immediatamente i mercati del sud est asiatico e che ancora oggi è costruita in India prodotta recentemente in Italia in soli 999 esemplari. La sua prima apparizione pubblica è al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano del 1947: al posto del cassone si trova un comodo divanetto protetto da una capote a soffietto. Da allora si sono succedute innumerevoli versioni e modelli, la prima Ape A seguita dalla B (dove è disponibile la retromarcia, come optional), dalla C (1956, è la prima versione “cabinata” dove il pilota siede su un comodo sedile, ha la retromarcia di serie) e dalla D (1958, della quale vengono realizzate diverse varianti, tutte caratterizzate dall’aumento di portata da 350 a 500 kg e la cilindrata è portata fino a 175 cc); poi è la volta di quella a 5 ruote, la Pentarò degli anni Sessanta, una sorta di bilico autoarticolato, una Vespa alla quale è possibile attaccare un rimorchio; quindi, negli anni Settanta, si presenta la robusta Ape Car (con cabina molto più spaziosa, cilindrata di 218 cc e portata di 612 kg) fino alla TM disegnata da Giorgetto Giugiaro nel 1982; alla più recente Ape Cross, di 50 cc; tutti modelli che hanno attraversato la nostra storia e che hanno portato all’Ape una popolarità straordinaria.

2 Commenti

  1. ho trvato l’ape bachhetta credo del 49–50 che abbino alla bachhetta del 49 purtroppo senza motore –11–

  2. Su questo ape prima serie ,mio padre,che lavorava in un’agenzia Piaggio a Milano,trasportava le vespe semismontate che ritirava alla sede di Corso Sempione.D’inverno non doveva essere il massimo, per di più senza parabrezza.Si intravede nella foto un dinamotore?L’avviamento era a leva e non con la pedivella come nella vespa.Complimenti

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