Grazie a una serie di “vaffanculo” urlati attraverso i microfoni della Bbc si resero improvvisamente famosi: era il 1977 e dei Sex Pistols, prima di allora, nessuno ne sapeva nulla. Ma le trovate “pubblicitarie” non si limitarono agli insulti: Rotten, Cook, Jones e Vicious durante i loro concerti si tagliavano il corpo con lamette e si spegnevano sigarette addosso, oltre, ovviamente, distruggere gli strumenti, insultare e sputare sul pubblico; il loro singolo God Save The Queen, venne pubblicato appositamente durante le nozze d’argento della regina d’Inghilterra e venne considerato un attacco alla monarchia e al nazionalismo inglesi.
Con queste azioni i Sex Pistols hanno comunque incarnato le spinte emotive dell’ala più disperata e autodistruttiva del sottoproletariato giovanile inglese. La loro unione è durata poco più di un anno e un album; Never Mind The Bollocks, ma ha riempito pagine intere di letteratura musicale e sociologia. L’esempio è la figura del bassista, Sid Vicious: viene arrestato a New York per l’omicidio di una ragazza durante una festa, rilasciato su cauzione è nuovamente arrestato, per aggressione, la sera stessa; infine viene trovato morto per overdose, il giorno dopo la scarcerazione, aveva 21 anni. Sono passati più di trent’anni da allora, il punk non esiste praticamente più, ma i Sex Pistols sono rimasti fermi sulle loro posizioni: nel febbraio del 2006 vengono ufficialmente introdotti nella Rock and Roll Hall of Fame, ma loro rifiutano questa riconoscenza definendo la “Hall of Fame” come «Hall of Shame» (vergogna).
Commenta per primo