Gianni Sassi, il provocatore

Definire Gianni Sassi un intellettuale è limitato. Ha spaziato nel mondo della cultura a 360 gradi. È stato sicuramente un grafico, un pubblicitario, un comunicatore, un pubblicista, scrive testi e poesie. Ma è anche un discografico, un editore, un impresario, un organizzatore di eventi, un estremista, un anticipatore. Tutti ruoli interpretati sempre con ironia e provocazione. Sassi è stato uno dei più grandi operatori culturali italiani, sicuramente il più sottovalutato. Alla voce “professione” sulla carta d’identità ha sempre avuto scritto: «grafico». Una parola che coniugata a quello che sapeva fare è a dir poco riduttiva. Oggi si direbbe che la sua professione era «operatore culturale multidisciplinare». Ma lui poco importava dei titoli, della forma. Non amava mettersi in mostra: lui sul palcoscenico dove si svolgevano le sue iniziative culturali si trovava bene tra le quinte o, al massimo in seconda fila. Odiava la ribalta. 
Le sue capacità multidisciplinari le ha applicate in un Paese che stava vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia, tra tensioni politiche e radicali mutamenti sociali. Eppure, nonostante le difficoltà, è riuscito a “fare cultura”. In realtà, a mio modo di vedere, Sassi ha fatto politica nel senso più nobile del termine. 

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