Quando è uscito il primo esemplare, nessuno avrebbe scommesso un franco che l’auto progettata «per portare due contadini con zoccoli ai piedi e cinquanta chilogrammi di patate a una velocità massima di 60 km/h» sarebbe diventata un simbolo di una generazione, un mito. La Citroen 2 Cv, nonostante sia una over sessantenne (appare la prima volta al Salone di Parigi il 7 ottobre del 1948) ha mantenuto inalterato il suo fascino, un po’ snob, di auto low cost. Il primo modello montava un motore da 375 cc, perché, a detta dell’allora direttore generale della Casa automobilistica francese, Pierre Boulanger – l’uomo che aveva preso le redini della marca dopo la scomparsa di André Citroën – voleva un’automobile per tutti, anche per chi non poteva permettersi un’autovettura, tanto che nel 1936 ai suoi ingegneri descrive la futura utilitaria come «una sedia a sdraio con quattro ruote, sotto ad un ombrellone, capace di trasportare due contadini attraverso un campo arato, con un sacco di patate e un paniere di uova, senza romperne una». E ha concluso dicendo «si deve poter aggiustare con gli arnesi del trattore e deve percorrere trenta chilometri con un litro di benzina». I tecnici di Citroën impiegano dodici anni per progettare la Due Cavalli voluta da Boulanger, ideando soluzioni completamente nuove, prendendo in esame mille diverse ipotesi per riuscire a contenere il costo finale della vettura. Ad esempio, per raggiungere i consumi prefissati (estremamente bassi), l’auto non ha un telaio, ma una scocca autoportante, la carrozzeria in alluminio, bracci in magnesio, le sospensioni sono una moltitudine di barre di torsione, i sedili sono rivestiti in tela (proprio come una sedia a sdraio) e con gli schienali sospesi: grazie a questi questi accorgimenti, il peso si riduce a soli 300 chilogrammi. La velocità massima di marcia è di 50 chilometri orari con quattro persone a bordo e consumi di 5 litri di benzina (normale) per 100 chilometri. Una volta pronta viene presentata al pubblico al Salone di Parigi dell’ottobre 1948 e riscuote subito un enorme successo, tanto che l’azienda è costretta a limitare la vendita soltanto a che non è in condizione di poter acquistare altre auto: i primi “duecavallisti” – infatti – dovevano essere agricoltori, piccoli allevatori (molte le foto delle 2CV al mercato, cariche di pecore) e contadini. Concezione semplice e poco dispendiosa, la 2CV ha rivoluzionato l’industria automobilistica ma anche la società, inaugurando l’era delle cosiddette auto low cost, popolari e polivalenti.
Nessuno immaginava che la Petite Citroën avrebbe avuto tanto successo, né che sarebbe diventato un simbolo della beat generation. Sono infatti proprio gli anni Sessanta a consacrare definitivamente la 2CV a icona di un certo stile di vita, grazie a giovani europei alla ricerca d’avventura che, grazie alla facilità d’uso della piccola Citroën, cominciano a girare il mondo in lungo e in largo. La direzione comunicazione Citroën pubblica addirittura un libretto intitolato «Ici commence l’aventure» (Qui comincia l’avventura) che insegna ai giovani “duecavallisti” come preparare la propria auto ad affrontare i viaggi lunghi e difficili, su tutte le strade. Lenta, rumorosa, con quei finestrini che restano aperti o chiusi senza mezze misure, e i sedili spesso inutilmente rabberciati con cinghie e molle di incerta origine, la 2CV sembra fatta apposta per dare la consapevolezza – nella schiena, nelle orecchie, ma anche nella testa – di ogni chilometro percorso, di ogni porzione di territorio attraversata, di ogni barriera doganale (e mentale) superata. In oltre quarant’anni le 2CV hanno fatto di tutto e sono state dappertutto: dai deserti africani (attraversati anche con incredibili raid di massa) alle vette andine, dalle campagne dell’Auvergne ai Paesi dell’Africa centrale. Il primo modello monta un motore due cilindri di 375 centimetri cubici e viene costruito dalla storica fabbrica di Levallois, a Ovest di Parigi. Da allora ha attraversato la storia dell’automobile e del costume conquistando diverse generazioni. In 42 anni ne sono stati prodotti oltre cinque milioni di esemplari, tra berline e camionette, lasciando nel frattempo un po’ di spazio alla Dyane, diretta discendente. Proprio l’uscita della Dyane, nel luglio del 1967, avrebbe dovuto rimpiazzare gradualmente la vecchia 2CV, ma le vendite continuano a essere copiose, quindi si decide di continuare a produrla. Con gli anni, e con il successo, la 2 CV si è evoluta, sia negli allestimenti (un po’ meno spartani, ma solo un po’, solo nel 1964 si pensa a invertire il senso di apertura delle portiere) sia nel motore, gli ultimi modelli erano equipaggiati con quello della sorella maggiore Dyane, di 600 cc. Grazie a quella linea così particolare la piccola Citroën è stata anche una delle automobili preferite dal registi, è infatti apparsa in diversi film di successo, tra cui un paio di episodi di James Bond – Agente 007; in uno della Pantera Rosa con Peter Sellers; in American Graffiti; mentre in Italia compare addirittura nel titolo, Alla rivoluzione sulla Due Cavalli del regista Maurizio Sciarpa.
La 2 CV termina la sua avventura alle ore 16 del 27 luglio del 1990 nello stabilimento di Mangualde, in Portogallo, è una versione Charleston: dal quel giorno è entrata ufficialmente nella storia: ha svolto le sue mansioni ovunque nel mondo, accompagnando – senza fretta ma anche senza problemi – generazioni di viaggiatori e di normali utenti alla scoperta delle meraviglie del pianeta o, più semplicemente, nel lavoro quotidiano o nel traffico delle città.
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