Sono passati quarant’anni da quando, al Moma di New York, si proiettò l’anteprima di Easy Rider, film diretto da un esordiente Dennis Hopper e che, come nessun altro, è riuscito a immortalare il sogno hippie, quello cioè di attraversare gli Stati Uniti in moto alla ricerca della libertà. Nel film ci sono tutti gli ingredienti dell’ideologia del Movimento dei Figli dei fiori: oltre la ricerca della libertà, c’è la droga, il rock (splendida la colonna sonora scritta, tra gli altri, da Roger McGuinn e con brani degli Steppenwolf e di Jimi Hendrix), il concetto di amicizia. Infine lancia una moda, quella del chopper, le moto personalizzate con le forcelle lunghissime, la sella con lo schienale, il serbatoio coloratissimo. I protagonisti del film, Hopper, Peter Fonda e Jack Nicholson, altro non sono che dei cavalieri, con la moto per cavallo e la chitarra come fucile, che agiscono fuori dalla legge (trafficano droga) ma combattono il perbenismo e l’America bigotta. Vengono trattati come appestati dagli abitanti della provincia del Sud, a loro non viene dato neppure un alloggio e sono sempre minacciati soltanto per il fatto di essere hippie e di portare i capelli lunghi. Memorabile la frase di Nicholson che, a un certo punto del viaggio, si domanda: «Una volta questo era un grande Paese. Che diavolo gli sarà successo?».
Easy Rider è l’espressione dell’America che vuole ritrovare i valori della libertà, che non sopporta più i limiti del puritanesimo, il conservatorismo fine a se stesso e le discriminazioni razziali. Il finale del film non dà speranza: gli hippie vengono uccisi in sella alle loro moto a colpi di fucili dai “rednecks”, gli abitanti della provincia americana più radicata, contadini e artigiani poco inclini al rinnovamento.
Il film è il quadro del fallimento degli ideali dei Figli dei fiori, la sconfitta dei valori basati sull’amore e sulla pace. Fonda, nonostante sia stato pregato in ginocchio da più di un produttore, si è sempre rifiutato di girare un sequel: «Easy Rider è e resterà un film unico. Quell’esperienza, nel bene e nel male, mi ha segnato la vita. Non avrebbe senso ripeterla».
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