Londra, autunno 1958. Alle 13 si ritrovano sei uomini per un pranzo di lavoro. A tavola si discute di affari ma, arrivati al dessert, i discorsi si fanno un po’ meno impegnati. Si parla di donne, motori, vacanze… Uno di loro è appena tornato dall’Italia, dalla Sardegna, che descrive come un paradiso terrestre. «Bisogna proteggere quella terra o l’edilizia la distruggerà e l’unico modo per farlo è comprarla. Per me, bastano 25.000 dollari a testa». Usciti dal ristorante i sei uomini si ripromettono di incontrarsi a breve per salvare quella splendida costa dell’isola italiana e creare un piccolo rifugio per vacanze ad uso privato. Pranzi e incontri proseguono fino al 1962 e, da piccolo rifugio privato, si arriva a pensare di destinare l’area a sviluppo turistico e si acquista il terreno. Con l’intento di esercitare un controllo architettonico nasce il Consorzio Costa Smeralda, guidato dal principe Aga Khan: tutti i progetti devono essere approvati da un Comitato che accerta che abbiano il minor impatto ambientale possibile. La Costa Smeralda comincia a crescere. Alla fine degli anni Sessanta il villaggio ha preso forma, sono aperti cinque alberghi e una chiesa, diverse ville sono abitate e si sta ultimando un campo da golf. Ben presto le località della Costa diventano mete di industriali, vip, nobili e benestanti di tutto il mondo che se ne innamorano e la Sardegna scopre il turismo di massa. La Sardegna, ma non la Costa Smeralda che ancora oggi difende quell’aurea di esclusività che l’ha sempre contraddistinta. Una cosa, però, è cambiata: a frequentarla sono sempre meno nobiltà e alta borghesia.
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