Il vodka-Martini agitato, non mescolato; auto corazzate come carri armati, capaci di sparare missili, navigare sott’acqua o volare; orologi che possono tagliare una catena temperata, sprigionare gas mortali e trasformarsi in una ricetrasmittente; smoking ingualcibili, nemmeno se indossati sotto la muta da sub; donne mozzafiato al fianco e un biglietto da visita, verbale, da leggenda: «Il mio nome è Bond. James Bond».
Sono queste le caratteristiche che hanno creato il mito dell’Agente segreto più famoso e amato al mondo; un mito cresciuto attraverso 22 film – il prossimo capitolo della saga, Skyfall, uscirà il 31 ottobre in contemporanea in Italia e negli Usa – e che ha incarnato i sogni di diverse generazioni. Un personaggio che dopo oltre cinquant’anni, tanti ne sono passati dall’uscita nelle sale del primo film, Licenza di uccidere, non da segni di stanchezza, anzi: la sua popolarità cresce pellicola dopo pellicola, forse per la sua grazia da playboy o per il cinismo del killer, o per l’ironia. O ancora perché nelle avventure di 007 non c’è traccia di volgarità.
Non ci mettono troppo tempo a diventare eventi l’uscita dei film di James Bond: già dal secondo, Dalla Russia con amore, uscito nel 1963, le sale fanno registrare incassi da capogiro; incassi superati già l’anno successivo con Goldfinger, dichiarato all’epoca fenomeno cinematografico nazionale. Un fenomeno che è cresciuto nonostante Bond abbia cambiato sei volti, e non sempre la scelta dell’attore si è rivelata felice. Il più grande, e il più amato, è stato senza dubbio Sean Connery che appare in veloce successione, oltre ai tre film citati, anche in Thunderball (1966) e Si vive solo due volte (1967).
Al termine delle riprese decide di lasciare, non solo perché aveva paura di essere identificato troppo con il personaggio, ma anche per questioni economiche. La produzione prova a rimpiazzarlo con George Lazenby, un modello australiano. Il film, Al servizio segreto di Sua Maestà, esce nel 1969 ed è un fiasco clamoroso: Lazenby non ha la classe di Connery e non è nemmeno capace di recitare. Con una rapida retromarcia, per il capitolo successivo, Una cascata di diamanti del 1971, viene richiamato Connery ed è di nuovo un successo.
Connery però decide che quello è davvero il suo ultimo film (e così non sarà), i produttori si trovano ancora a dover scegliere un nuovo Bond. Questa volta la scelta si rivela azzeccata: viene chiamato Roger Moore, inglese purosangue, che riesce a imprimere al ruolo di Bond una sfumatura cinica e umoristica. Moore veste i panni di 007 sette pellicole, dal 1973 con Vivi e lascia morire fino all’85, quando esce Bersaglio mobile. Dopo 12 anni la separazione tra Moore e Bond è consensuale: l’attore è stanco, in tutto il periodo è stato esclusivamente coinvolto con il personaggio; e la produzione – nonostante gli incassi da favola di Moonraker, Solo per i tuoi occhi e Octopussy – si accorge che il personaggio ha bisogno di una rinfrescata. E così, nel 1987 nel film Zona pericolo, fa il suo esordio il gallese Timothy Dalton che ha un approccio più simile a quello di Sean Connery, imprimendo al personaggio una maggiore serietà e drammaticità.
I suoi due film (l’altro è Vendetta privata) non hanno il successo che la produzione si augura e anche Dalton non è più interessato a identificarsi con 007. Così, anche se il contratto prevede tre pellicole, Bond deve ancora cambiare volto. Nel 1995 con Goldeneye inizia l’era di Pierce Brosnan, che regala al personaggio più fisicità e azione: la critica applaude, così come il pubblico (il film incassa il doppio rispetto a quelli di Dalton). Il successo si ripete anche con Il domani non muore mai (1997) e Il mondo non basta (1999).
Brosnan, per scadenza di contratto, veste i panni dell’agente segreto per l’ultima volta nel 2002 in La morte può attendere che è rimane il film della serie che ha incassato di più. Il testimone passa così a Daniel Craig, il secondo Bond dopo Roger Moore ad avere i capelli biondi. Craig, che ha dato a 007 un’umanità che non aveva, sin dal suo esordio in Casinò Royale (2006), un film delicato dove Bond deve fare i conti con un mondo cambiato dopo l’11 settembre, dimostra di essere al pari dei suoi predecessori e convince il pubblico e, anche se non sempre, la critica.
Successo che non è mancato nemmeno nel sequel Quantum of Solance, uscito due anni più tardi, nonostante la storia sia davvero debole. Ora non ci resta che aspettare qualche mese per Skyfall, il 23° capitolo della saga che, come tutti i precedenti film di Bond da cinquant’anni a questa parte, resta una delle pellicole più attese dell’anno.
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