C’era da aspettarselo. Dopo il “nuovo” Maggiolino, la “nuova”Mini, la “nuova” Cinquecento e l’annuncio che Citroen lancerà la “nuova” Ds, ecco che arriva la “nuova” Trabant, l’auto simbolo della Germania dell’Est comunista. Una follia? Forse no, visto che tutt’oggi in Germania è il secondo modello di auto più rubato dietro alla Porsche. Il fascino del brutto, d’altra parte, è sempre esistito. La Trabant è stata un’auto unica: soprannominata “l’ammazzaforeste” grazie al mostruoso tasso d’inquinamento che sprigionava il suo vecchio motore a 2 tempi di 500 cm3, era disponibile solo in tre colori (crema, blu o verde pastello), non raggiungeva i 100 orari e aveva una carrozzeria plastica che conteneva fibre di cotone (non solo per risparmiare: all’epoca l’acciaio era merce rara).
Inizialmente la sua denominazione era quella di AWZ (Automobilwerk Zwickau): il nome Trabant (che significa compagna di viaggio; così come il termine russo Sputnik, lanciato nello stesso anno in Unione Sovietica) viene utilizzato per la prima volta nel 1957. Nei piani industriali della Germania dell’Est doveva essere un motoveicolo, una sorta di Ape Car. Dopo tre milioni di esemplari pressoché identici (era lunica alternativa “privata” al trasporto pubblico nella Ddr), all’indomani della caduta del Muro di Berlino, il 30 aprile del 1991, la Trabant termina la produzione diventando subito così un oggetto di culto per collezionisti, basti pensare che esistono 160 club a lei dedicati. Non prima però di strabiliare il mondo superando brillantemente, alla fine degli anni Novanta, il famoso test dell’Alce (prova di stabilità condotta effettuando – con la vettura in movimento – una sterzata brusca come se si dovesse evitare un animale che attraversasse la strada improvvisamente) che auto ben più blasonate e tecnologicamente avanzate, come ad esempio la Mercedes Classe A, non riuscirono a passare.
La prossima Trabant, a parte il nome, non avrà praticamente nulla in comune con la vecchia: prodotta dalla BMW, sarà più lunga di un metro, realizzata con tecnologie moderne e costerà dai 20 mila ai 30 mila euro. Meno “auto del popolo”, quindi, e più fascino vintage.
Sono un operaio chimico italiano,molto preoccupato della crisi mondiale attuale.Mi preoccupa anche l’indifferenza e il menefreghismo di molti lavoratori che per il momento non sono stati toccati dalla crisi.Sono preoccupato anche dalle dichiarazioni del dirigente della Fiat Sergio Marchionne,ha detto che nel mondo sopravviveranno solo sei case automobilistiche.Prima si dava la colpa al comunismo,ora che il comunismo non è più una minaccia di chi è la colpa?Dei lavoratori?La colpa questa volta,è del capitalismo più sporco che sia mai esistito! Lavoratori di tutto il mondo unitevi!