Definendo le competenze amministrative locali nel 1970 il Governo decide di assegnare a Catanzaro la sede dell’Assemblea regionale per la Calabria. È il 14 luglio e a Reggio, città capoluogo ‘defraudata’, scoppia una vera e propria rivolta popolare. È il sindaco stesso, Pietro Battaglia, appoggiato da tutte le forze politiche tranne che dal Pci e dal Psi, che da vitaalla rivolta: indice per il giorno 15 uno sciopero per protestare contro la decisione che, secondo lui, penalizzerebbe la città. Iniziano così gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine e si contanto decine di arresti e di feriti. Si organizzano vere e proprie barricate un po’ dappertutto, piazze, autostrada, ferrovia. Durante i funerali di Bruno Labate, un ferroviere morto negli scontri, la polizia si presenta imbracciando il mitra. La situazione sta sfuggendo di mano al sindaco Battaglia. E, alla guida dei rivoltosi, lo sostituisce il segretario provinciale della Cisnal, Francesco Franco detto Ciccio, che, dopo aver chiamato gli scioperanti teppisti e cialtroni, si schiera apertamente con l’insurrezione e lancia lo slogan Boia chi molla.«Questa è la nostra rivolta – dice – è il primo passo della rivoluzione nazionale».Tra barricate, molotov e attentati dinamitardi la rivolta dura fino al mese di febbraio con il bilancio di 5 morti e centinaia di feriti. A febbraio, il presidente del Consiglio Emilio Colombo annuncia l’apertura di un nuovo stabilimento siderurgico alle porte della città che porterà almeno 10mila posti di lavoro. I rivoltosi accettano di calmarsi e, il giorno dopo, l’esercito sgombra le strade dalle barricate. Ciccio Franco, diventato senatore missino, viene processato nel 1975 e condannato a un anno e quattro mesi per istigazione a delinquere, apologia di reato e diffamazione a mezzo stampa.
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