Sparita nel nulla

emanuela-orlandiIl 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi, 15 anni, cittadina vaticana e figlia di un impiegato della Segreteria di Stato, scompare dopo essere uscita in anticipo dalla scuola di musica che frequentava in Piazza Santa Apollinare a Roma. Prima aveva telefonato alla sorella Natalina per chiedere consiglio su una proposta di lavoro che le era stata appena fatta. Si trattava di distribuire volantini durante una sfilata di moda per conto della Avon, un’azienda di cosmetici, per il cui lavoro sarebbe stata pagata 375mila lire. La sorella, però, non si fida della proposta e le suggerisce di lasciar perdere. Emanuela risponde che ne parlerà con i genitori. Da quel momento di lei non si sa più nulla. La Orlandi, secondo alcuni testimoni, avrebbe poi incontrato un’amica che frequentava la sua stessa scuola di musica, mettendola al corrente della proposta; verso le 19,30 l’avrebbe accompagnata alla fermata dell’autobus dove un vigile urbano l’avrebbe vista parlare con un misterioso uomo a bordo di una BMW scura e – forse – salirvi all’interno. Viene realizzato un identikit che coincide, secondo i carabinieri, a una persona sospettata non più presente in Italia. Nessuno, però, comunica il nome. 250px-emanuela_orlandi_manifesto_20082A casa Orlandi, dopo la denuncia della scomparsa, iniziano ad arrivare telefonate anonime: in una di queste, il 25 giugno, si sente la voce di un certo “Pierluigi”, che parla un italiano senza accento dialettale, affermare che la sua fidanzata aveva conosciuto per caso la Orlandi (che si sarebbe fatta passare per Barbara) mentre era assieme ad un’altra ragazza a Campo de’ Fiori. L’uomo parla di un flauto e di un paio di occhiali a forma di goccia per correggere l’astigmatismo, di cui però la fantomatica “Barbara” si vergognava. La famiglia comincia a sperare perché le descrizioni fornite corrispondono tutte. Il 28 giugno telefona anche un certo “Mario”, questo però con un forte accento romano, che sostiene di aver visto un uomo con due ragazze, che vendevano cosmetici: una delle due diceva di chiamarsi Barbara, di essere di Venezia e di essersi allontanata volontariamente da casa per sfuggire a una vita monotona. “Mario” afferma di avere un bar tra il Vaticano e la scuola di musica e che un suo amico, per aiutarle, procura alle ragazze prodotti della Avon. Entra in scena poi l’Amerikano, interlocutore rimasto anonimo soprannominato così per l’accento straniero, che sostiene che Mario e Pierluigi fanno parte di un’organizzazione criminale. Roma è tappezzata da migliaia di manifesti con la foto della ragazza; la famiglia offre due miliardi di lire per il ritrovamento della figlia. Il 5 luglio spuntano collegamenti con l’attentato a Papa Giovanni Paolo II avvenuto il 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro. Ipotesi che giunge da un’altra telefonata dell’Amerikano secondo la quale, la Orlandi è in ostaggi e per rilasciarla viene richiesta la liberazione di Mehemet Alì Agca, l’attentatore del Papa. Il 17 luglio viene trovato  un nastro in cui è confermata la richiesta di scambio con l’attentatore: nella registrazione si sente anche la voce di una ragazza sofferente che chiede aiuto. Malgrado ciò, non viene aperta alcuna indagine.

marcinkusNel 1995 si viene a conoscenza di un documento fino ad allora rimasto segreto redatto dall’allora capo del Sisde Vincenzo Parisi, secondo cui l’autore delle telefonate nelle quali si proponeva lo scambio della Orlandi con Agca, ribattezzato l’Amerikano, sarebbe Paul Marcinkus, allora presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, ovvero la Banca Vaticana. Dopo aver esaminato messaggi e telefonate giunti alla famiglia Orlandi, emerge che l’Amerikano conosce la lingua latina meglio di quella italiana, forse era di cultura anglosassone, e conosce il mondo ecclesiastico e alcune zone di Roma dove si pensa possa aver abitato. Ma anche a questa ipotesi non è stato dato credito. E da Marcinkus a Calvi e il Banco Ambrosiano il passo è breve.
A sostenere il collegamento tra la scomparsa della Orlandi e di Calvi è proprio il figlio del banchiere assassinato a Londra. Secondo la sua testimonianza, Calvi avrebbe cercato di fare pressioni sul Vaticano affinché nessuno potesse fare rivelazioni riguardanti le oscure vicende che avrebbero coinvolto il Vaticano con il Banco Ambrosiano. La banca privata è legata all’Istituto per le Opere di Religione, guidato proprio da monsignor Marcinkus.

Ma i colpi di scena continuano. Il 20 febbraio 2006, durante la trasmissione in diretta di “Chi l’ha visto” telefona Antonio Mancini, pentito della Banda della Magliana, e afferma di riconoscere nella voce di “Mario” un killer al servizio di Enrico De Pedis, capo della Banda della Magliana. Qualche mese prima, era arrivata in trasmissione una telefonata anonima in cui si diceva che per risolvere il caso Orlandi bisognava andare a vedere chi era sepolto nella basilica di Santa Apollinare e indagare sui presunti favori che De Pedis avrebbe fatto al cardinal Poletti in quell’epoca. Si scoprirà che nella tomba è sepolto proprio De Pedis, detto “Renatino” ucciso a Campo de’ Fiori il 2 febbraio 1990. La sua tomba rientra nel territorio vaticano, nello stesso edificio in cui si trovava la scuola di musica che Emanuela frequentava e, guarda caso, dove fu vista per l’ultima volta. Il motivo ufficiale della sua ubicazione è stato spiegato facendo riferimento alle sue particolari attività generose nei confronti dei poveri che frequentavano la chiesa. Questa motivazione è messa per iscritto dall’allora Vicario di Roma Poletti. Il presunto legame con De Pedis e la scomparsa della Orlandi non è mai stato provato. Tra l’88 e l’89, mettendo sotto controllo dei telefoni collegati alle attività della Banda della Magliana, la Magistratura scopre un giro di prostituzione nel quale sarebbero state coinvolti la Orlandi e un’altra ragazza, Mirella Gregari, anche lei quindicenne e anche lei scomparsa nello stesso anno da Roma e mai più ritrovata. La Banda della Magliana le avrebbe rapite e fatte cadere nella trappola della “tratta delle bianche”: l’organizzazione avrebbe avuto contatti con i “Lupi grigi”, movimento estremista turco a cui apparteneva Alì Agca. Nel 2000, da alcuni contatti che l’ex giudice Imposimato, legale della famiglia Orlandi, ha con gli esponenti dei “Lupi grigi” in Svizzera, emerge che Emanuela è viva e perfettamente integrata in una comunità islamica e avrebbe anche vissuto a Parigi per un lungo periodo.

Ma non è finita: nel 2008 il procuratore aggiunto Italo Ormanni e i pm Simona Maisto e Andrea De Gasperis raccolgono la testimonianza di Sabrina Minardi, che per un lungo periodo è stata la compagna di uno dei boss della banda della Magliana. La testimone avrebbe avuto un ruolo attivo nel sequestro, attirando Emanuela sulla propria auto e portandola poi in un luogo in cui l’aspettava un’altra vettura. L’inchiesta viene riaperta.

3 Commenti

  1. Sei molto gentile: perché hai visitato il sito e avuto la pazienza di leggere il lungo articolo fino in fondo …

  2. Sei molto gentile: perché ha visitato il sito, hai avuto la pazienza di leggere il lungo articolo fino in fondo e, soprattutto, perché ti sei scomodata a lasciare un commento. Grazie ancora

  3. Ho apprezzato e seguito tutta l’inchiesta della giornalista Rai Raffaella Notariale.
    Molto ben fatto il tuo articolo.

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*